Educazione in natura (per addetti ai lavori)

Sotto il termine “Outdoor education” sono comprese una grande varietà di esperienze pedagogiche caratterizzate da didattica attiva che si svolge in ambienti esterni alla scuola e che è impostata sulle caratteristiche del territorio e del contesto sociale e culturale in cui la scuola è collocata (Bortolotti, 2019) 

 

Punti chiave per un'educazione in natura

  • Lo spazio esterno alla scuola (sia naturale che urbano) è considerato luogo privilegiato per l'apprendimento.
  • Le attività si basano sull’esperienza diretta, su metodologie laboratoriali che prevedono il coinvolgimento attivo di studenti e studentesse in situazioni “autentiche”. 
  • Le attività sono progettate come estensione di ciò che avviene dentro l’aula. 
  • Le attività non sono occasionali ma sono inserite in una progettazione che preveda esperienze di apprendimento attivo, tanto in ambiente indoor che in ambiente outdoor.
  • Le attività sono progettate per favorire l’interazione tra i saperi disciplinari.
  • Uscire fuori non è sufficiente a generare nei soggetti in formazione apprendimenti significativi in termini di acquisizione di conoscenze disciplinari e di competenze trasversali. È fondamentale abbandonare una concezione ingenua di outdoor education, tipicamente sensistica ed esperienziale, e rafforzare l’intenzionalità educativa che seleziona e struttura le opportunità educative e guida il soggetto in formazione nel suo processo di apprendimento.
  • La programmazione didattica è fondamentale per realizzare esperienze efficaci di educazione in natura. La programmazione è importante per pianificare il prima, gestire il durante e valutare il dopo.
  • La relazione rappresenta l’elemento centrale in una esperienza di Outdoor education, sia che si tratti dell'attivazione di relazioni interpersonali (con i propri compagni, con l'insegnante o con altri adulti coinvolti nell’esperienza), che di relazioni con l’ambiente naturale, oppure di una riflessione ecologica sulle relazioni tra uomo, società, territorio.
  • L'approccio olistico prevede l’uso di tutti i sensi e di tutti i linguaggi da parte del bambino e il coinvolge tutte le dimensioni della persona (dimensione cognitiva, dimensione fisica, dimensione affettiva e dimensione relazionale). Il bambino è incoraggiato a diventare un effettivo agente di cambiamento sociale e culturale, protagonista nella costruzione di nuovi valori di vita.
  • Il tempo è necessariamente dilatato e non più organizzato intorno all’'ora di lezione'. Le attività didattiche proprie dell’Outdoor education coinvolgono il corpo e i sensi, introducendo la dimensione dell’attesa, dell’osservazione, della curiosità. Conciliare i tempi dell’apprendimento con quelli dell’esperienza comporta quindi la scelta di tempi più lenti e distesi con il raggiungimento di apprendimenti più solidi e radicati.

In quanto approccio pedagogico, l’educazione in natura non prescrive attività e obiettivi da raggiungere; questi vengono definiti in base alle specificità di ogni contesto educativo e delle scelte degli insegnanti. 

 

Sintesi delle principali dimensioni coinvolte in attività di educazione in natura messe in relazione con le diverse declinazioni didattiche che questo approccio pedagogico può assumere:

  • Percettivo-sensoriale: attività caratterizzate dal contatto diretto con la natura e dalla scoperta del proprio contesto territoriale e sociale (realizzazione di orti didattici, visite a fattorie, musei, parchi, ecc.). 
  • Socio-motoria ed esplorativa: attività caratterizzate dalla dimensione dell’avventura finalizzate allo sviluppo della consapevolezza cinestetica e allo sviluppo personale e sociale (orienteering, trekking, ecc.).
  • Personale: attività che favoriscono lo sviluppo dell’autostima e dell’autoconsapevolezza, del senso di realtà e della resilienza, della valutazione del rischio e dell’accettazione e valorizzazione dell’errore.
  • Sociale ed etica: attività che consentono la conoscenza del territorio e dei suoi bisogni e che promuovono percorsi e contesti di azioni 'di cura' e cittadinanza attiva.
  • Ambientale ed ecosistema: attività che favoriscono la consapevolezza delle interrelazioni tra uomo e natura e stimolano il rispetto e la cura per l’ambiente naturale.

Principi pedagogici dell’Outdoor education

L’Experiential learning (“apprendimento esperienziale) e la Place-based education (“pedagogia dei luo-ghi”) possono essere considerati i due principi pedagogici cardine dell’educazione in natura. 

L'Experiential learning (Kolb, 1984) vede nell’esperienza cognitiva, emotiva e sensoriale il fulcro intorno a cui ruota il processo di apprendimento. In opposizione alla didattica trasmissiva, l’apprendimento esperienziale pone il bambini, il suo ‘fare’ e il suo ‘pensare’, al centro del processo di apprendimento e della trasformazione del sapere. Rappresentato attraverso il ben noto ciclo di Kolb (Kolb, 1984), l’apprendimento esperienziale viene comunemente descritto attraverso quattro fasi che disegnano il ciclo di “esperienza-riflessione-apprendimento” come un processo continuo radicato nell’esperienza che si attua attraverso l’esperienza concreta, l’osservazione riflessiva, la rappresentazione astratta, la sperimentazione attiva. 

La Place-based education (Sobel, 2004) riconosce il valore del luogo e del territorio come fonte primaria di stimoli per l’apprendimento e come spazio privilegiato per un apprendimento personalizzato, autentico, significativo e coinvolgente. Questo approccio, strettamente connesso all’educazione ambientale e all’educazione per uno sviluppo sostenibile, è caratterizzato da un approccio pluridisciplinare e ha l’obiettivo di connettere i bambini con la propria comunità e far loro acquisire competenze per riflettere e affrontare problemi locali contestualizzandoli globalmente.

 

Gli elementi distintivi dell’Outdoor education nella riflessione contemporanea

La riflessione più recente sull’Outdoor education (Joyce, 2012; Farnè, 2018) pone l’attenzione su tre elementi: l’apprendimento, l’ambiente e il benessere. 

L’apprendimento nell’educazione in natura recupera e sviluppa quello che in nuce già era il pensiero educativo di John Locke (1632-1704) e di Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) i quali vedevano nell’educazione: da una parte la necessità di svincolarla da regole e imposizioni per lasciare emergere la naturalità dell’individuo che apprende, in modo da assecondare la sue caratteristiche distintive; dall’altra la possibilità di imparare dall’esperienza che diventa proverbialmente “maestra di vita”. Quest’impostazione mette l’ambiente di apprendimento al centro della riflessione in quanto il processo di insegnamento/apprendimento (che vede nella didattica tradizionale quasi in una dicotomia tra docente e studente) si attua ‘al di fuori’ della struttura scolastica fatta di aule, corridoi, laboratori ecc. Per quanto l’aula, il laboratorio, l’edificio scolastico possano essere attrezzati e ben organizzati rappresentano comunque un luogo artificiale, costruito per una funzione, un sistema deterministico, in cui la variabile non è considerata o non gestita. Mentre nell’Outdoor education il processo di apprendimento si apre a molteplici campi di esperienza e alla varietà di ambienti. Il bambino, confrontandosi con il contesto reale/naturale, sviluppa la propria autonomia, il proprio modo di agire per raggiungere obiettivi in un contesto sociale collaborativo. 

Il ‘fuori’ non è solamente un mero scenario per attività didattiche attive ma ne costituisce un elemento caratteristico che stimola l'insegnante a una progettazione didattica che tenga conto del contesto, delle conoscenze pregresse utilizzabili e delle competenze (intese come traguardo degli studenti). Gli studenti si mettono alla prova, vengono motivati, o meglio, trovano la loro motivazione, alla scoperta del reale e partecipano attivamente alla costruzione del loro curricolo. 

Al ruolo attivo e partecipato dello studente nella costruzione del proprio percorso di apprendimento si collega il tema del benessere, non solo nel senso ampio e comune dello ‘star bene all’aria aperta’, che sicuramente ha incentivato l’Outdoor education nei periodi di emergenza sanitaria (basti pensare alle scuole all’aperto nel periodo fine Ottocento e primi Novecento nate per combattere la tubercolosi o alla più recente pandemia, e che hanno avuto ampio seguito anche in Italia). In questo approccio didattico la motivazione, il senso di autoefficacia e di autoregolazione (Bandura, 1996) sono determinanti nel percorso di apprendimento anche nei casi di bisogni educativi speciali e di disabilità. La necessità di collaborare, di ‘far gruppo’, spinge lo studente a creare legami con i compagni o a rinsaldare quelli esistenti; l’essere chiamati a contribuire e il confronto con differenti punti di vista aiuta la comprensione dell’altro da sé e struttura la socializzazione. 

 

I bisogni educativi naturali: la biofilia e i vantaggi della pedagogia all’aperto 

L'educazione in natura è quindi un movimento pedagogico che assume lo spazio esterno, a partire da quello immediatamente disponibile, come ambiente di apprendimento e luogo di vita normale per i bambini; sostiene dunque il diritto del bambino ad abitare spazi esterni, a contatto con la natura, dove possa vivere lo spazio del gioco e del movimento, della socialità e dell’avventura, dove “correre il rischio” significa imparare a valutarlo, assecondare e superare determinate paure, mettersi alla prova ed esprimere emozioni (Farnè, 2018).

L’Outdoor education  trova fondamento anche nella convinzione che un atteggiamento iperprotettivo verso i bambini sia antipedagogico perché potrebbe espropriarli di alcune esperienze necessarie per il loro sviluppo. 

Diversi studi sostengono gli effetti benefici dell’esperienza in natura, parlando di bisogni naturali che i bambini, ma in generale tutti gli esseri umani, provano nella loro crescita. 

Una di queste è la “teoria della rigenerazione dell’attenzione” (Attention Restoration Theory), teoria se-condo la quale una persona si concentra meglio dopo aver passato del tempo all’aperto o anche solo dopo aver osservato delle immagini di ambienti ed elementi naturali. Ciò accadrebbe perché la “memoria di lavoro” (“working memory”), dopo aver fatto esperienza di scenari tranquilli e cognitivamente riposanti, sarebbe ‘protetta’ da distrazioni e avrebbe più margine di concentrazione e focalizzazione dell’attenzione. Questa teoria, messa a punto dai coniugi e professori di psicologia ambientale Rachel e Stephen Kaplan (1989) è affine a quella dal biologo Edward O. Wilson che invece parla di “biofilia” (1984). Wilson sostiene che l’ambiente naturale induca benessere nell’individuo e garantisca il recupero dell’attenzione grazie ad alcune sue qualità che favoriscono: 

  • la fascinazione: la natura cattura l’attenzione, blocca i pensieri negativi e le emozioni negative, sostituendole con emozioni positive; 
  • il senso di essere via: la natura consente una fuga temporanea da luoghi usualmente frequentati e vissuti e quindi familiari;
  • la proprietà dell’ampiezza: la percezione dello spazio in cui si è quando ci sentiamo parte integrante di un luogo più grande;
  • la compatibilità: quando il soggetto ben comprende il rapporto di compatibilità tra opportunità e limiti di un contesto e le caratteristiche del singolo individuo.

La ricerca della psicologia ambientale, infine, evidenzia numerosi vantaggi, schematizzati qui di seguito: Vantaggi psicologici 

Vantaggi sociali 

Vantaggi educativi 

Vantaggi fisici 

Senso di sicurezza 

Cooperazione 

Nuove conoscenze 

Abilità 

Autoefficacia 

Rispetto degli altri 

Tecniche outdoor 

Forza/Resistenza

Benessere 

Comunicazione

Problem solving 

Equilibrio 

Consapevolezza di sé 

Amicizia 

Consapevolezza ambientale 

Forma 

Scrivi commento

Commenti: 0

 

Contatti

Email: associazionegoccediterra@gmail.com

 

Telefono

334 1131023 Maria Chiara Bacciocchi

335 7349863 Francesca Mularoni

331 5496682 Rossella Placuzzi

333 4900801 Sara Sergiani

 

Sede operativa

Strada di Montecerreto, 34 - 47890 San Marino 

Sede legale

Via Ugo Bassi, 27 - 47893 Borgo Maggiore San Marino